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Alberto Iacovoni sull’architettura e la ceramica

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Personalmente mi affascina la possibilità di utilizzare la ceramica con un approccio visuale e grafico, per portare sul corpo dell'architettura elementi visivi e decorativi capaci di aggiungere un livello comunicativo allo spazio.

Che cosa significa per te fare architettura oggi?

Io sono alla continua ricerca di spazi e oggetti capaci di restituire una libertà, anche creativa alle persone che li abitano o li usano. Dico sempre che più della forma delle cose, mi interessa la loro performance: una forma è buona e interessante se lascia aperti spazi per l'interazione e l'appropriazione creativa. L'architettura per me è come un gioco, dove il progetto stabilisce delle regole, ma il gioco funziona se i giocatori - gli abitanti - hanno dei giusti gradi di libertà. È l'architettura di una società in cui i bisogni e i desideri sono sempre più differenziati, legati a stili di vita e culture differenti, in cui la creatività e il gioco si diffondono attraverso i nuovi mezzi di interazione digitale.


Lo scorso anno lo IED di Roma, che tu hai rappresentato insieme ad alcuni studenti ed altri istituti di design siete stati protagonisti del progetto “Ceramic Futures”  dedicato alla ceramica. Quali sono le ragioni che ti hanno spinto ad appoggiare questa iniziativa dedicata proprio a questo materiale?

Innanzitutto io credo che sia fondamentale tornar a parlare di futuro, in un'era in cui sembriamo schiacciati in un eterno presente, e la fantascienza - lo spazio immaginifico della ragione - è stata soppiantata dal fantasy. Abbiamo bisogno di futuro, di idee capaci di tornare a guardare lontano. E il progetto è sempre, etimologicamente, "lanciarsi in avanti".
E quale occasione migliore di un incontro tra il mondo della produzione e quello della formazione per parlare di futuro, per far incontrare le idee di giovani creativi di paesi e culture diverse con una realtà produttiva così importante come quella rappresentata dal comprensorio ceramico di Sassuolo e dintorni.
La cosa poi estremamente innovativa di Ceramic Futures è stata la modalità con cui si è sviluppato il progetto, attraverso una piattaforma social che ha amplificato le opportunità di questo incontro, guidati e stimolati da due progettisti e pensatori straordinari come Stefano Mirti e Elio Caccavale.

 

Quali credi siano i vantaggi progettuali della ceramica oggi e cosa invece ritieni si debba fare per rendere questo materiale più apprezzato dal mondo del progetto e del design?

I vantaggi sono moltissimi, è legati ovviamente alle infinite possibilità di questo materiale dalle qualità tecnologiche eccezionali. Personalmente poi mi affascina la possibilità di utilizzare la ceramica con un approccio visuale e grafico, per portare sul corpo dell'architettura elementi visivi e decorativi capaci di aggiungere un livello comunicativo allo spazio.
Come nel nostro progetto per la biblioteca della scuola Lombardi a Bari, dove la facciata realizzata con una palette di ceramiche che riproduce i volti degli studenti, è il risultato di un processo di partecipazione che ha radicato l'intervento nel contesto.
Oppure in una delle proposte che abbiamo fatto per un edificio di abitazioni, sempre a Bari, dove il rivestimento della facciata con i suoi motivi geometrici restituiva l'idea di una casa "spellata", in cui gli interni della vita domestica si affacciavano su strada, 

Penso che si debba oggi da un lato sperimentare ancora di più sulle possibilità di trasformare con le tecnologie questo materiale, oltre la simulazione sempre più efficace dei materiali naturali - il legno e le pietre ad esempio - verso qualità tattili e visive inedite, e dall'altro di riscoprire la vera natura del materiale, anche guardando al passato, ai tempi in cui la ceramica era soprattutto  colore e geometrie.